Fonte di ispirazione creativa per talenti di fama internazionale, Le Marche hanno dato i natali a personaggi famosi in grado di influenzare le sorti del mondo in numerosi ambiti, per secoli. Dalla pittura all’educazione, passando per lo sport e la musica, fino a toccare discipline come la matematica e la filosofia, i personaggi famosi delle Marche rappresentano il genio e l’estro di questa regione nel mondo.
Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi è probabilmente il letterato più illustre delle Marche. È riconosciuto come uno dei più grandi pensatori del suo periodo e, oltre ad essere uno dei più grandi poeti d’Italia, fu anche un filosofo, un filologo e un saggista.
Nacque nel 1798 a Recanati e visse lì fino all’età adulta. Il suo libro di poesie “Le Ricordanze” si basa sui ricordi d’infanzia del luogo. Ha viaggiato molto, ma a causa di problemi di salute, tornava spsso a Recanati per lunghi periodi di convalescenza.
Il suo opus magnum pubblicato postumo, lo Zibaldone, consiste in impressioni personali, trattato filosofico, critica letteraria e analisi filologica in sette volumi. Morì alla giovane età di 39 anni, quando la sua produzione era già ampia.
Raffaello Sanzio
Raffaello fu al centro di un gruppo di artisti che arricchirono profondamente la cultura occidentale. Il suo stile era considerato più raffinato di quello di Michelangelo, sebbene preferisse un’interpretazione più classica della perfezione, fu tuttavia influenzato dalla scuola fiorentina contemporanea.
Raffaello Sanzio nacque nella città di Urbino il 6 aprile 1483. Era figlio di Giovanni Santi, un pittore di successo che lavorava alla corte di Urbino, che era noto come uno dei centri di innovazione ed eccellenza nelle arti visive a il tempo. Raffaello avrebbe avuto l’opportunità di imparare tutte le basi della pittura durante i suoi primi anni. Lavorò come assistente nello studio del Perugino fino a quando non si trasferì a Firenze nel 1504.
A Firenze conobbe Michelangelo e Leonardo da Vinci e fu profondamente influenzato dal nuovo stile che stavano sviluppando. Questa influenza è visibile nella Madonna Sistina. Tuttavia, sebbene abbia assimilato gli stili di diversi maestri del tempo, ha continuato a perseguire il suo stile unico. Ciò è evidente nel dipinto “La Belle Jardiniere” del 1507.
Nell’anno 1508, Raffaello si trasferì in Vaticano a Roma. Il suo primo lavoro su commissione a Roma fu un affresco per la biblioteca privata di Papa Giulio II nel palazzo del Vaticano. Ciò coincise con il dipinto della cappella Sistina di Michelangelo. Sebbene ciò offuscasse il lavoro di Raffaello, era ancora considerato uno dei migliori pittori d’Europa.
Alla morte di Bramante, Raffaello fu nominato nuovo architetto di San Pietro. Tuttavia, la maggior parte del suo lavoro è stato successivamente demolito perché considerato cupo.
Donato Bramante
Il Bramante è una figura molto significativa nella storia dell’architettura, con la reputazione di aver creato lo stile architettonico del Rinascimento. Trasformò lo stile classico del XV secolo in qualcosa di grave e monumentale, e questo divenne l’ideale da seguire per gli architetti successivi. Fu anche pittore e il suo primo dipinto noto risale al 1477, quando decorò la facciata del Palazzo del Podestà a Bergamo con un fregio affrescato di filosofi. Tuttavia, il suo genio architettonico ha rapidamente eclissato la sua reputazione di pittore.
Fu assunto come architetto di corte da Ludovico Sforza a Milano nel 1474, dove costruì il famoso coro “trompe l’oeil” della chiesa di Santa Maria. Altre prime opere includono i Chiostri di Sant’Ambrogio (1497-1498). Bramante fuggì dall’occupazione francese di Milano nel settembre del 1499, andò a Roma e qui si trovò faccia a faccia con le antichità romane.
L’impatto degli antichi monumenti sulla sua opera è evidente nei chiostri di S. Maria della Pace a Roma (1500-1504). La sua semplice gravità e monumentalità segna una netta rottura con lo stile lombardo. Nel primo decennio del XVI secolo Donato Bramante fu il principale architetto di Roma che attirò tutti i principali artisti italiani. È in particolare il triumvirato di artisti – Michelangelo lo scultore e pittore, Raffaello il pittore e Bramante l’architetto – che ha dominato il periodo rinascimentale e la cui influenza è stata un faro per le generazioni successive. Nel 1505 vinse un concorso per un nuovo progetto della Basilica di San Pietro a Roma, che Papa Pio II, un caro amico del Bramante, decise che doveva essere demolito e completamente ricostruito in linea con i moderni sviluppi architettonici.
L’ultima opera di Bramante fu probabilmente il Palazzo Caprini. Aveva un piano terra bugnato con negozi e un piano superiore con mezze colonne doriche accoppiate. Di proprietà più tardi di Raffaello, divenne il prototipo di numerosi palazzi da architetti successivi, tra cui il Palladio, in particolare nel nord Italia. Bramante morì l’11 marzo 1514 e fu sepolto nell’antico San Pietro.
Un esempio locale dell’opera del Bramante si trova a Loreto, nel luogo di pellegrinaggio sacro della Basilica della Santa Casa, a 45 minuti di auto da Montefiore dell’Aso. La Basilica contiene la casa in cui visse la Vergine Maria. Questa casa è circondata da un alto schermo di marmo progettato da Bramante.
Federico da Montefeltro
Federico da Montefeltro nacque a Gubbio nel 1422 figlio di una relazione extraconiugale di Guidantonio Conte di Montefeltro ed Urbino, legittimato poi da una bolla papale nel 1424. Sin dalla prima infanzia la sua vita si svolse al di fuori del palazzo paterno ed in gioventù si trovo costretto ad andare in giro per diverse città italiane a causa di vicende familiari e politiche.
Dopo il precocissimo matrimonio con Gentile Brancaleoni iniziò il suo percorso di valoroso condottiero. La sua fama e le sue amicizie lo portarono ad importanti conoscenza tanto da essere insignito del titolo di Conte della contea di Sant’Angelo in Vado e Mercatello, zone ottenute in dote col matrimonio.
Continuando nelle sue gesta militari, nel 1444 venne acclamato Signore di Urbino a seguito dell’uccisione del fratello da parte di un gruppo di congiurati. Pian piano Federico si impossessò si tutti i domini paterni, eliminando gli oppositori interni ed ottenendo la legittimazione papale della signoria da lui creata nel 1447.
Le sue gesta militari non si arrestarono mai, vedendo Federico impegnato al fianco dei potenti signora dell’epoca.
Nel 1474 fu elevato a Duca di Urbino.
Morì nel 1482 probabilmente a causa di una malattia infettiva durante la Guerra di Ferrara.
Federico da Montefeltro fu un valoroso condottiero, astuto ed abile, ed un importante politico dell’epoca. Fu amante dell’arte e della bellezza, della conoscenza, dello studio personale e sostenitore della cultura in generale per cui nella sua corte si circondò di artisti e studiosi, molti posti sotto la sua protezione.
Federico perse l’occhio destro, forse in un torneo a cavallo, quindi decise di farsi tagliare la parte superiore del naso per non ostacolare la vista dell’occhio sinistro: perciò lo troviamo in molti ritratti raffigurato dal profilo sinistro.
Gentile da Fabriano
Un altro figlio delle Marche fu Gentile de Fabriano. Oggi è una delle più grandi star del primo Rinascimento in Italia e il suo stile colma il divario tra il gotico e il nuovo linguaggio rinascimentale che si sviluppò a Firenze all’inizio del XV secolo.
Deve aver viaggiato a Venezia nel 1406/7 in quanto vi sono registrazioni di una pala d’altare e un affresco nel palazzo dei Dogi che vi fece dipingere nel 1408, anche se questi non esistono più. Sappiamo che lavorò alla corte di Malatesta a Brescia dal 1414 al 1419, ma quando la sua commissione terminò accettò un incarico a Roma.
Completò diverse commissioni importanti a Firenze e nel 1425 andò a Siena e l’anno successivo a Roma, dove rimase, completando diverse commissioni anche se queste furono anche tragicamente perse. Morì nel 1427, nel convento adiacente alla chiesa di Santa Maria Novella, che aveva parzialmente decorato poco prima della sua morte.
I suoi eredi artistici includono figure stellari come Bellini, Pisanello, Giovanni di Paolo e soprattutto Fra Angelico.
Tragicamente molte delle sue opere conosciute sono state distrutte o perdute, ma le sue opere esistenti includono anche diversi polittici che sono stati divisi e ora compaiono in sezioni nelle principali gallerie di tutto il mondo.
Maria Montessori
Una delle educatrici più influenti del XIX e XX secolo, Maria Montessori, nacque nelle Marche. È rinomata a livello internazionale per le sue teorie educative e ora ci sono 22.000 scuole Montessori praticamente in ogni angolo del mondo. È forse meno conosciuta come medico, femminista appassionata, pensatrice e attivista filosofica.
Nacque a Chiaravalle il 31 agosto 1870, ma la famiglia si trasferì a Roma da bambina. Si laureò nel 1896 come una delle prime dottoresse italiane. Dopo la laurea ha praticato psichiatria, ma sviluppò un interesse per l’educazione. A causa delle sue osservazioni iniziò presto a mettere in discussione l’attuale teoria educativa e il suo approccio iniziò ad evolversi.
Il suo primo centro di assistenza all’infanzia fu aperto nel 1907, La Casa dei Bambini, a Roma, ed ebbe grande successo. La base teorica del suo metodo era che i bambini hanno intrinsecamente sete di conoscenza e, dato il giusto ambiente, assorbiranno e utilizzeranno le informazioni spontaneamente. Affidandogli attività pratiche che comportano l’uso della matematica o del linguaggio, impareranno felicemente le competenze necessarie per completare i compiti.
Maria progettò materiali di apprendimento e un ambiente di classe in grado di favorire il desiderio naturale di apprendimento dei bambini. Nel 1910 il suo lavoro era conosciuto in tutto il mondo. Fu una figura di spicco nella campagna per i diritti delle donne, ma sfortunatamente quella parte del suo ruolo professionale è stata ampiamente dimenticata.
Gioacchino Rossini
Gioacchino Rossini, compositore di opere liriche è nato a Pesaro nel 1792. Soprannominato “il Cigno di Pesaro”, ideò e compose decine di opere spaziando in molteplici generi, dalle commedie alle tragedie passando per le farse e alle opere semiserie. Le origini di questo grande artista erano abbastanza umili: il padre aveva avuto delle esperienze nella sfera musicale a livello locale, appartenendo alla banda del paese natale, mentre la madre Anna era una discreta cantante. Secondo alcuni storici, fu proprio quest’ultima ad ispirare il piccolo Gioacchino trasmettendogli l’amore per il canto e per la musica. Gli anni dell’adolescenza di Rossini furono piuttosto travagliati: per riuscire a sfuggire alla cattura dopo la restaurazione del Governo Pontificio, il padre traslocò più volte spostandosi in Emilia Romagna fino ad assestarsi a Bologna, dove Gioacchino iniziò a studiare a livello professionale canto e spinetta sotto la guida del maestro Prinetti. Nonostante il canto fosse una delle sue passioni, il richiamo della composizione lo spinse ben presto ad iscriversi al liceo musicale di Bologna, grazie al quale scoprì la musica dei più celebri autori europei come Haydn e Mozart. A soli 14 anni, Rossini scrisse la sua primissima opera, denominata Demetrio e Polibio, ma è solo nel 1810 che avvenne il suo vero esordio sulla scena musicale ufficiale: fu il teatro San Moisè di Venezia ad ospitare l’opera La Cambiale di Matrimonio, che Rossini sceneggiò e compose. L’opera ottenne un successo abbastanza incredibile, il che spinse il neo-compositore marchigiano a scriverne altre 37 nel giro di 9 anni. La sua fama iniziò a precederlo e il successo che ricevette lo portò sui palcoscenici più importanti, come Parigi, Roma, Vienna e Milano. Ancora oggi, infatti, si ricordano Il Barbiere di Siviglia, La Cenerentola, Semiramide o Guglielmo Tell tra le sue opere più celebri. La seconda parte della sua carriera musicale, tuttavia, si contraddistinse per il radicale cambio di stile: furono gli anni d’isolamento che Rossini visse nella campagna parigina e dove compose sonate e piccole composizioni al piano. Morì nella capitale francese nel 1868, non prima di aver lasciato al patrimonio musicale mondiale un contributo incredibile; ancora oggi, infatti, i suoi capolavori vengono riproposti nei più importanti teatri di opera lirica e nella sua città natale, Pesaro, ogni anno viene organizzato il Rossini Opera Festival che lo omaggia.
Enrico Mattei
Enrico Mattei è stato il fondatore dell’Eni. Egli nacque in un paesino in provincia di Pesaro, Acqualagna, nel 1906, in una famiglia tutto sommato comune. Quando il piccolo Enrico era appena tredicenne, il padre brigadiere venne promosso a maresciallo e trasferito in un centro vicino Macerata; qui, Mattei si iscrisse alla scuola tecnica superiore sotto volere del padre. L’ambiente in cui crebbe, però, ebbe una notevole influenza sulla sua voglia di cercare un’indipendenza economica: per questo, Mattei iniziò a compiere mansioni umili, dapprima come verniciatore di letti e poi come garzone. Fu proprio quest’ultimo impiego che si sarebbe rivelato decisivo per la sua ascesa: lavorando nella conceria, infatti, Mattei scoprì la sua passione per i compiti che aveva, il che gli permise di compiere una vera e propria ascesa gerarchica diventando operaio, aiutante chimico e direttore di laboratorio. Dopo pochi anni, però, la crisi del 1929 colpì anche il suo settore e lo costrinse a trasferirsi a Milano dove continuò la sua attività inaugurando un laboratorio di oli emulsionanti per l’industria tessile. Dopo soli 5 anni, nel 1934, Mattei fondò l’industria Chimica Lombarda e si iscrisse all’università Cattolica. Nel frattempo, in Italia scoppiò la Seconda Guerra Mondiale nella quale Mattei partecipò come partigiano. Nel 1943, l’incontro con Spataro, leader di Democrazia Cristiana, gli fece capire di avere anche delle doti organizzative e oratorie degne di nota; in poco tempo, venne nominato Comandante del Corpo Volontario della Libertà. Dopo la liberazione dal fascismo del 1945, Enrico Mattei compì il passo decisivo che lo portò ad assumere il nome che tutt’oggi gli viene riconosciuto: dopo la fine della guerra, infatti, l’Italia visse un momento di ripresa nel quale necessitò di sostegno specialmente dal punto di vista energetico. Pertanto, sfruttando la sua inventiva e genialità, Mattei ebbe l’idea di realizzare un’impresa energetica nazionale autonoma e sostenibile, con prezzi inferiori rispetto a quelli esteri; fu solo nel 1953 che la sua idea si tramutò in realtà con la fondazione dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi). Purtroppo, durante i suoi anni migliori, la carriera di Mattei venne interrotta dalla tragedia che lo riguardò: nel 1962, l’aereo su cui volava precipitò nella zona di Pavia per cause misteriose. Moltissime tesi sulla sua morte vogliono un’importante implicazione della mafia, ma la sua scomparsa ancora oggi rimane avvolta nel mistero.
Papa Sisto V
Papa Sisto V, al secolo Felice Peretti, nacque a Grottammare nelle Marche nel 1521 in una famiglia abbastanza povera e indigente; infatti, la sua infanzia fu molto difficile dato che i suoi genitori decisero di mandarlo da un zio in un convento francescano per diminuire il numero di bocche da sfamare in casa. Nel nuovo ambiente decisamente più aulico e idilliaco, Peretti diventò subito Frate Felice, un predicatore, consulente e professore all’università La Sapienza di Roma, nonché membro dell’Inqusizione veneziana. In quegli anni, egli fece la conoscenza di alcuni personaggi celebri, come Sant’Ignazio di Loyola e Michele Ghisleri, il futuro Papa Pio V. Dopo la metà del 1500, fu proprio quest’ultimo a nominare Frate Felice Vescovo di Sant’Agata dei Goti prima di insignirlo del titolo di Cardinale di San Girolamo degli Schiavoni. Gli anni successivi, però, videro un suo parziale declino determinato dall’ascesa a Papa di Gregorio XIII, suo giurato nemico, il quale lo privò di tutte le cariche fino a quel momento riconosciutegli. Tutto ciò portò Peretti a ritirarsi a vita da studioso in una villa sull’Esquilino ma, nel 1585, alla morte di Gregorio XIII, diventò Papa prendendo il nome di Sisto IV. Il suo Papato, seppur piuttosto breve perché durò appena 5 anni, lasciò un segno inconfondibile su Roma che cambiò il suo volto per sempre. Innanzitutto, Sisto IV sapeva benissimo che nella capitale regnava la delinquenza più totale e, per questo, nei suoi primissimi giorni da pontefice fece giustiziare pubblicamente due briganti a Castel Sant’Angelo per impartire una severa lezione alla popolazione facendogli capire che stava spirando il vento del cambiamento. Tale avvenimento precedette l’arresto e l’esecuzione sul rogo o mediante impiccagione di circa 3000 briganti. Inoltre, Sisto IV promosse una nuova legge contro l’adulterio che condannava a morte chiunque tradisse il proprio coniuge. Non solo, il Papa Peretti espanse il suo pontificato anche nel ramo finanziario facendo costruire acquedotti, fontane e palazzi, per un piano urbanistico che rivoluzionò la Citta Eterna. Mediante l’ausilio del suo amico architetto Domenico Fontana realizzò anche ben 4 obelischi, come quello celebre di Piazza San Pietro. Prima di cedere il posto al suo successore, infine, Sisto IV perseguitò chiunque aveva intenzione di sfruttare la credulità del popolo per approfittare delle persone comuni. Muore nel 1590 a causa della diffusa malaria del periodo; oggi è sepolto della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma.
Papa Pio IX
Papa Pio IX il cui nome era Giovanni Maria Mastai Ferretti, è stato un ulteriore personaggio marchigiano. Egli, infatti, nacque a Senigallia nel 1792 in una nobile famiglia che non perse tempo per mandarlo a Volterra per permettergli gli studi, i quali proseguirono grazie al coinvolgimento di suo zio prete di Roma. Sin dai suoi primi anni, Mastai Ferretti si dedicò alla cura e all’ospitalità dei ragazzi di strada che tentò di educare e di istruire. Le sue buone azioni e il suo animo gentile gli valsero la consacrazione a prete che avvenne nel 1819: da allora in poi, egli promise di continuare a prendersi cura delle persone più indigenti e deboli, educando i più giovani. Dopo il suo ritorno da una missione in Cile, Papa Leone XII gli assegnò la carica di direttore dell’ospizio di San Michele a Ripa, nel quale erano rinchiuse persone abbandonate e povere ai quali diede assistenza. Il Papa gli riconobbe di aver svolto un ottimo lavoro e, per questo, lo nominò Arcivescovo di Spoleto nel 1827 a soli 35 anni, carica che esaltò la sua disciplina, la volontà di promuovere esercizi spirituali e la mitezza che dimostrò ai destinatari del suo aiuto. Alla morte di Gregorio XVI avvenuta nel 1846, il collegio dei cardinali decise di eleggere Ferretti dopo solo 4 scrutini; il suo papato iniziò immediatamente ad essere evidente mediante la promulgazione di un’amnistia che prevedette la liberazione dei detenuti nelle carceri, la libertà di stampa e un ventaglio di riforme finalizzate al miglioramento della rete ferroviaria e telegrafica. Grazie a queste modifiche, il popolo sostenne pienamente il Papato di Pio IX con notevole entusiasmo e trasporto emotivo. La soddisfazione del popolo, però, non coincise con quella del clero stesso soprattutto dopo l’apertura del governo ai laici promossa dal nuovo Papa, il quale desiderava mettere a capo Pellegrino Rossi, un ambasciatore francese. Ferretti, inoltre, iniziò a manifestare le serie intenzioni di costituire una lega doganale allo scopo di abbattere le omonime barriere tra gli stati italiani con l’obiettivo di riunire l’Italia sotto un’unica economia unita e salda. Purtroppo, le tensioni e le difficoltà che ne scaturirono portarono ad un nulla di fatto e, soprattutto, all’assassinio di Pellegrino Rossi; è a quel punto che Pio IX decise di fuggire in esilio. L’allontanamento da Roma durò solo 17 mesi, al termine dei quali il Papa tornò alla sua sede. Muore nel 1878 dopo aver dato alla nazione italiana il suo enorme contributo nel donargli un’unità politica che segnò profondamente la Penisola.
Ciriaco Pizzecolli
Ciriaco Pizzecolli conosciuto anche con il nome di Ciriaco d’Ancona, nato ad Ancona il 31 luglio del 1391 e scomparso a Cremona nell’anno 1452, straordinario archeologo nonché viaggiatore e umanista italiano. Si è prodigato costantemente durante la sua vita nell’effettuare una ricerca estenuante di testimonianze storiche relative ai tanti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo per conservarne nei secoli la loro testimonianza e cultura.
Universalmente Ciriaco Pizzecolli viene considerato padre dell’archeologia grazie al suo importante contributo. È stato fondamentale perché è stato tra i primi a capire quanto fossero importanti le fonti classiche per riuscire a interpretare al meglio il senso e le caratteristiche dei monumenti antichi. Non a caso quando effettuava le sue ricerche in Grecia aveva sempre con sé dei testi che potessero aiutarli come quelli di Strabone. Inoltre è ricordato anche per essere stato uno straordinario epigrafista con i suoi sforzi nel riuscire a interpretare al meglio le epigrafi che erano presenti in alcuni antichi monumenti e nelle opere più classiche. Probabilmente questa sua voglia di ricerca e di scoperta di tutto quello che riguardasse l’antica cultura dei Paesi che si affacciano sul mediterraneo è anche nata dal fatto di aver vissuto in giovinezza ad Ancona quando era una Repubblica Marinara nel suo periodo di massimo splendore per cui vedeva ogni giorno giungere e partire navi provenienti da tutti i Paesi del Mediterraneo. Di questo benessere però Ciriaco non potrà mai avvalersi perché quando aveva soltanto 6 anni suo padre Filippo dovette fare i conti con un tracollo economico causato dal naufragio di tre navi e dalle incursioni dei pirati. Ha attraversato quindi momenti difficili superati anche grazie alla straordinaria forza di volontà della mamma che decise di occuparsi di qualsiasi genere di lavoro pur di mandare avanti la famiglia. Intraprese un viaggio con il nonno per finalità di natura commerciale e questo gli permise di visitare straordinarie zone d’Italia come Venezia, la Campania, la Puglia, Padova, la Lucania e la Calabria. Le forti emozioni provate fecero nascere in lui il desiderio di vedere il mondo e di effettuare ricerche per tenere viva la tradizione e la cultura di qualsiasi popolazione. Nel corso della sua vita intraprese numerosi viaggi alla scoperta del vicino Oriente e soprattutto fu uomo dalla grande cultura perché si dedicò agli studi della scuola di latino di Tommaso Seneca e approfondì soprattutto la lettura della Divina Commedia. Ebbe modo di conoscere tutta l’Italia, la Dalmazia, Costantinopoli, l’Egitto e tutte le civiltà presenti nel Mar Egeo. Portò avanti ricerche archeologiche e non solo in qualsiasi civiltà conosciuta. Fu anche importante e innovativo politico riuscendo a curare al meglio gli interessi dell’allora Repubblica di Ancona.
Matteo Ricci
Matteo Ricci è stato uno dei grandi personaggi nato e cresciuto nelle Marche, capace di far conoscere la cultura del proprio territorio e soprattutto di dare un contributo eccezionale alla civiltà. Matteo Ricci è nato a Macerata il 6 ottobre del 1552 ed è scomparso a Pechino in Cina l’11 maggio 1610. Famoso e apprezzato per la sua umanità Matteo Ricci durante la propria vita terrena è stato un importante gesuita ma anche matematico, cartografo e sinologo. A conferma del suo straordinario impegno e della fede incrollabile che lo contraddistingueva, Matteo Ricci è stato proclamato Servo di Dio il 19 aprile del 1984 mentre nel dicembre del 2022 vi viene attribuito il titolo di venerabile. Nonostante sia nato in una famiglia nobile di Macerata ha deciso di consacrare la sua vita al Signore iniziando gli studi nel 1561 nel collegio di Gesuiti che si trovava sempre nella sua città natale. Si trasferì a Roma all’età di sedici anni per studiare giurisprudenza al Collegio Romano ma rimase sempre attratto dallo stile di vita e dagli ideali dell’attività di Gesuiti tant’è che nel 1571 a Sant’Andrea al Quirinale ufficialmente entrò nella Compagnia di Gesù. Tuttavia non si limitò soltanto nel praticare lo stile di vita dei Gesuiti, ma fu particolarmente attivo per quanto riguarda l’approfondimento di studi scientifici in astronomia, natematica, geografia e cosmologia. Dopo essere stato suo malgrado testimone della violenza e del dramma causato dalla battaglia di Lepanto nel 1577, decise di trasferirsi in Portogallo nella città di Coimbra per prepararsi all’apostolato in Asia. Infatti dopo circa un anno partì alla volta dell’India con 14 confratelli. Nel 1582 Matteo Ricci arrivò a Macao con il confratello Michele Ruggeri. Inizialmente si dedicò all’apprendimento della lingua e delle usanze di quel territorio per poi portare avanti la sua missione. Inoltre questo gli diede l’opportunità di realizzare la sua straordinaria opera cartografica intitolata grande mappa dei diecimila Paesi. Secondo i documenti storici Matteo Ricci impiegò ben 18 anni prima di riuscire a stabilirsi a Pechino durante i quali ebbe modo di conoscere tutta la cultura cinese. La sua opera missionaria portata avanti sul territorio cinese con approcci differenti a seconda del territorio e delle usanze del luogo, fu molto lunga e in particolare andò dal 1582 fino alla sua morte. È stata fondamentale per una ripresa del cattolicesimo cinese peraltro ormai abbandonato al suo destino nei primi anni del XIII secolo. Un personaggio quindi che ha dato lustro alle Marche nel mondo e un importante contributo negli studi geografici matematici e nella diffusione del cattolicesimo nello sterminato stato cinese.
9 commenti
Mancano nomi come Rossini, Mattei, Sisto V, Pio IX ecc.
Grazie Guerrino per la segnalazione. Provvederemo in futuro ad effettuare un’integrazione in questo articolo.
Ciao Guerrino, volevamo avvisarti di aver provveduto all’integrazione dell’articolo con i personaggi mancanti.
io amo la musica classica di Rossini,peccato che qui non c’è
Grazie Davide per la segnalazione. Provvederemo in futuro ad effettuare un’integrazione in questo articolo.
Ciao Davide, abbiamo inserito nuovi personaggi famosi delle Marche tra cui Gioacchino Rossini.
giacomo leopardi mio fratello <3
Come si fa a dimenticare Ciriaco Pizzecolli e Matteo Ricci…..gg
Ciao Gabriella, abbiamo integrato all’articolo Ciriaco Pizzecolli e Matteo Ricci. A presto 🙂